Bruxelles lancia il nuovo pacchetto reti e le 8 “energy highways” per rafforzare le interconnessioni, ridurre i costi e accelerare l’indipendenza dai combustibili fossili.
Ridurre i prezzi dell’energia, garantire un approvvigionamento sicuro e affidabile per rendere l’Europa realmente indipendente sul piano energetico. È questo l’obiettivo del pacchetto reti europee e dell’iniziativa Energy Highways proposto dalla Commissione europea a pochi giorni dallo storico accordo raggiunto il 3 dicembre dal Parlamento europeo e dal Consiglio per eliminare il gas russo entro il 30 settembre 2027. “E’ tempo di fare un passo in avanti, completare la nostra connessione e sbloccare il pieno potenziale di una vera unione energetica”, ha affermato il commissario europeo per l’Energia e le politiche abitative, Dan Jørgensen, intervenendo in conferenza stampa a Bruxelles insieme alla vicepresidente esecutiva della Commissione europea, Teresa Ribera.
Secondo la Commissione, l’Ue non ha raggiunto il livello di interconnettività tra gli Stati membri che consentirebbe una vera e propria Unione dell’energia. Infatti, diversi Stati membri non sono sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di interconnessione del 15% entro il 2030. Nell’ambito del Quadro Finanziario Pluriennale 2028-2034, Bruxelles ha proposto di quintuplicare il bilancio del Connecting Europe Facility for Energy (CEF), passando da 5,84 miliardi di euro a 29,91 miliardi di euro. Il finanziamento pubblico sarà integrato da azioni volte a stimolare gli investimenti privati nell’ambito della prossima Strategia di Investimento per l’Energia Pulita.
Il pacchetto presentato agisce in 3 direzioni principali: rafforzare e modernizzare le infrastrutture di rete, accelerare e uniformare i processi autorizzativi e introdurre una nuova pianificazione europea unificata delle infrastrutture energetiche. Si tratta di una revisione strutturale del modello attuale, che secondo la Commissione europea non è più in grado di accompagnare la transizione: l’Europa dispone di reti non sufficientemente interconnesse, con colli di bottiglia che impediscono di utilizzare appieno l’energia prodotta, in particolare quella rinnovabile.
Le Energy Highways, 8 grandi dorsali infrastrutturali che collegheranno le aree a maggiore potenziale di produzione con quelle a più alta domanda, sono il fulcro operativo della proposta e puntano a permettere una piena integrazione del mercato energetico, a ridurre i costi per imprese e famiglie e a evitare sprechi di energia pulita già disponibile ma non trasportabile. Le 8 dorsali, come chiarito da Jørgensen, sono già da tempo oggetto di lavoro tecnico, intensificato dopo il discorso sullo Stato dell’Unione della presidente von der Leyen. La tempistica varia da progetto a progetto, ma il coordinamento è già avviato con tutti i governi interessati.
Le grandi "autostrade energetiche" saranno: Penisola Iberica (interconnessioni elettriche attraverso i Pirenei per una migliore integrazione della Penisola Iberica), Grande inter-connettore marino (per porre fino all’isolamento elettrico di Cipro collegandolo all’Europa continentale), Collegamento armonioso (per il rafforzamento dell’interconnessione elettrica degli Stati Baltici), Condotto trans-balcanico (TBP, per invertire il flusso di gas per aumentare la resilienza degli approvvigionamenti energetici nella regione dei Balcani e nel vicinato orientale), Isola energetica di Bornholm (per trasformare il mar Baltico in un hub di interconnessione offshore), Europa sud-orientale (per stabilità dei prezzi e la sicurezza energetica nell’Europa sudorientale, anche attraverso lo stoccaggio), Corridoio SouthH2 (collegamento Tunisia-Italia-Austria-Germania), e corridoio sud-occidentale dell’idrogeno (dal Portogallo alla Germania).
Per fare l’Unione europea dell’energia e delle reti energetiche servono soldi. La Commissione europea stima che saranno necessari 1,2 trilioni di euro per le reti elettriche dell'Ue fino al 2040, di cui 730 miliardi di euro per le sole reti di distribuzione e 240 miliardi di euro per le reti dell’idrogeno. Sono quindi necessari investimenti “significativi”, riconosce l’esecutivo, per garantire che l’Ue sia pronta per davvero e possa raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Jørgensen ha poi illustrato un cambio di paradigma nella pianificazione: una mappa europea unica, basata su uno scenario centrale elaborato da Bruxelles, capace di identificare “cosa serve, dove e quando”. Una maggiore coordinazione tra Stati e settori permetterebbe, secondo uno studio, risparmi superiori a 560 miliardi di euro entro il 2050. Questa scelta comporta “più poteri per l’Ue”, ha ammesso il commissario, ma non si tratta di una sottrazione di sovranità: dotare l’Unione di capacità di coordinamento significa “rafforzare gli Stati membri”, garantendo la pianificazione più logica e conveniente.
