Un pacchetto di 6 proposte legislative per snellire autorizzazioni, emissioni industriali, responsabilità del produttore, gestione delle sostanze pericolose e dati geospaziali.
La Commissione europea ha presentato un pacchetto di semplificazione della legislazione ambientale che punta a ridurre burocrazia e costi amministrativi per imprese e autorità pubbliche. Secondo le stime della Commissione europea, il pacchetto Omnibus permetterà alle imprese europee di risparmiare circa un miliardo di euro all’anno, portando il totale dei risparmi generati dai diversi pacchetti di semplificazione a 11 miliardi. È un altro tassello dell’ambizioso piano della Commissione von der Leyen, che punta a raggiungere 37,5 miliardi di risparmi sui costi amministrativi entro il 2029.
Si tratta di 6 proposte che intervengono su ambiti cruciali della transizione ecologica - dalle emissioni industriali alla gestione dei rifiuti, passando per le valutazioni ambientali e i dati geospaziali - con l’obiettivo di accelerare gli investimenti e la realizzazione di progetti strategici. In teoria senza abbassare il livello di tutela dell’ambiente e della salute umana, anche se le critiche non sono tardate ad arrivare.
Uno degli interventi più significativi riguarda la riforma delle procedure di valutazione ambientale, spesso indicate come il principale collo di bottiglia nella realizzazione di nuovi progetti. La Commissione europea propone un sistema più lineare, con punti di contatto unici, processi interamente digitalizzati e tempi più rapidi per l’esame delle richieste. L’obiettivo è duplice: favorire la chiarezza per i promotori dei progetti e garantire che le fasi autorizzative non diventino un freno alla transizione energetica, digitale e infrastrutturale dell’Unione.
Un altro asse del pacchetto riguarda la direttiva sulle emissioni Industriali. Qui l'esecutivo Ue riconosce che, pur mantenendo standard ambientali rigorosi, alcuni adempimenti si sono rivelati eccessivamente onerosi per aziende e produttori agricoli. La proposta rivede dunque l’impianto dei sistemi di gestione ambientale, garantendo alle imprese più tempo per prepararli e alleggerendo obblighi considerati ridondanti, come i piani di trasformazione e gli audit indipendenti obbligatori. Viene inoltre eliminato l’obbligo di valutare sostituti più sicuri per le sostanze chimiche pericolose, cancellando quello per le industrie ad alta intensità energetica di spiegare come intendono passare a una produzione circolare e a impatto climatico zero.
Nel settore agricolo e nell’acquacoltura viene introdotto un alleggerimento della rendicontazione, pensato soprattutto per evitare duplicazioni e per tutelare le aziende biologiche, che spesso già aderiscono a protocolli ambientali avanzati. Questa scelta risponde a un’esigenza concreta: rendere la sostenibilità un percorso praticabile per tutti, senza trasformarlo in un muro burocratico difficile da superare. Tuttavia al tempo stesso esclude i grandi allevamenti di pollame e suini dall’obbligo di segnalare l’utilizzo delle risorse di base.
Un cambiamento molto atteso riguarda il superamento del database SCIP, la banca dati che raccoglie informazioni sulle sostanze pericolose presenti nei prodotti. Il sistema, pur nato con finalità di trasparenza, è stato giudicato troppo oneroso dal punto di vista amministrativo e finanziario. La Commissione Ue propone quindi di abrogarlo e di sostituirlo con strumenti digitali più moderni, come il Passaporto Digitale dei Prodotti, che punta a ridurre duplicazioni e sovrapposizioni nei processi di analisi chimica.
Un altro punto di frizione per molte imprese era l’obbligo di nominare un rappresentante autorizzato in ogni Stato membro in cui venivano commercializzati prodotti come imballaggi, batterie, apparecchiature elettroniche o articoli in plastica monouso. La proposta dell'esecutivo Ue sospende questo obbligo per i produttori europei, nell’attesa di una revisione più ampia dei sistemi di responsabilità estesa del produttore che sarà prevista dalla futura normativa sull’economia circolare. Questo intervento dovrebbe ridurre in modo significativo i costi amministrativi delle imprese, lasciando inalterata la logica di responsabilizzazione dei produttori, ma rendendola più efficiente e più facile da applicare a livello transfrontaliero.
L’ultimo pilastro della proposta riguarda la direttiva Inspire, che disciplina l’accesso ai dati geospaziali. Gli attuali requisiti tecnici, spesso complessi e frammentati, verranno allineati alla normativa sui dati pubblici di elevato valore per semplificare la vita tanto alle amministrazioni pubbliche quanto agli utenti privati. Il risultato atteso è un sistema più armonizzato, meno costoso da gestire e più utile per applicazioni che vanno dalla pianificazione territoriale ai servizi climatici, fino alle applicazioni digitali per la sostenibilità.
