Presentato a Bruxelles il pacchetto 2025 sull’allargamento, l’esercizio con cui la Commissione europea valuta i progressi dei Paesi candidati verso l’adesione.
La Commissione europea ha adottato il Pacchetto Allargamento 2025, la valutazione annuale sui progressi dei Paesi candidati, confermando che “l’ingresso di nuovi Stati membri è sempre più alla portata” e che “l’allargamento resta una priorità politica di primo piano per l’Unione". L’Alta rappresentante per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza dell’UE, Kaja Kallas, ha sottolineato la dimensione strategica dell’espansione: “Il processo di allargamento si muove oggi più rapidamente che negli ultimi 15 anni. Ma non possiamo permetterci di perdere slancio. L’ordine globale sta cambiando e la sicurezza europea è sempre più a rischio. L’allargamento è un investimento in un’Europa stabile. Nuovi Paesi che entrano nell’Ue entro il 2030 sono un obiettivo realistico”.
Il documento - che copre Montenegro, Albania, Ucraina, Moldova, Serbia, Macedonia del Nord, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Turchia e Georgia - evidenzia progressi disomogenei, nonostante il quadro complessivamente positivo. Bruxelles conferma un approccio “meritocratico e graduale”, con un rafforzamento dell’integrazione economica e istituzionale già prima dell’adesione formale.
Secondo la Commissione europea, il Montenegro ha segnato "progressi significativi", chiudendo 4 capitoli negoziali nel 2025 e puntando a completare i negoziati entro il 2026. L’esecutivo europeo invita Podgorica a "mantenere il ritmo delle riforme e un ampio consenso politico".
L’Albania ha aperto 4 cluster negoziali e si prepara ad aprire l’ultimo entro l’anno. Bruxelles riconosce progressi nella riforma della giustizia e nella lotta alla corruzione, ma sollecita “sforzi sostenuti per raggiungere i parametri intermedi”, condizione per chiudere i capitoli settoriali e centrare l’obiettivo del 2027.
Nonostante la guerra, l’Ucraina "resta fortemente impegnata nel percorso di adesione", avendo completato la fase di screening e adottato piani d’azione su Stato di diritto, amministrazione pubblica e minoranze nazionali. Il Paese ha soddisfatto le condizioni per aprire i cluster fondamentali, relazioni esterne e mercato interno. Kiev punta a chiudere i negoziati entro il 2028, ma “serve un’accelerazione delle riforme, soprattutto sullo Stato di diritto”.
La Moldova, impegnata in un contesto di “minacce ibride e tentativi di destabilizzazione”, ha completato lo screening e adottato riforme analoghe a quelle dell'Ucraina. Dopo il vertice Ue-Moldova di luglio, Bruxelles riconosce “progressi sostanziali” e valuta che Chișinău possa aprire tutti i cluster negoziali entro fine anno. Il governo punta a chiudere i negoziati entro l’inizio del 2028, “un obiettivo ambizioso ma realistico, a condizione di mantenere il ritmo attuale”, secondo la Commissione Ue.
La Serbia rimane in una fase di stallo. Infatti, per l'esecutivo Ue le proteste di massa e la polarizzazione politica hanno “reso più difficile il processo di riforme”, con Bruxelles che denuncia un “arretramento nella libertà di espressione e nell’autonomia accademica”. Dal canto suo la Macedonia del Nord deve invece “rafforzare l’indipendenza giudiziaria e la lotta alla corruzione” e completare la modifica costituzionale promessa nel 2022, includendo le minoranze, tra cui quella bulgara. Per la Bosnia-Erzegovina, il rapporto evidenzia una “crisi politica nella Republika Srpska” ma anche segnali positivi, come la presentazione di un’Agenda di riforme e l’accordo Frontex. Il passo decisivo per avviare i negoziati sarà l’adozione della riforma giudiziaria “in linea con gli standard europei”. Il Kosovo resta “impegnato nel percorso europeo” ma ha subito rallentamenti dopo le elezioni di febbraio. Bruxelles chiede “cooperazione trasversale” e la normalizzazione dei rapporti con la Serbia.
Al pari dei rapporti degli altri anni, la Turchia - Paese che ha avviato la richiesta di adesione nell’ormai lontano 1999 e avviato il percorso nel 2005 - pur restando “partner chiave”, resta ferma nei negoziati dal 2018. Bruxelles denuncia “azioni legali contro oppositori e restrizioni ai diritti fondamentali” e ribadisce che “il deterioramento democratico deve essere invertito”. Quanto alla Georgia, il giudizio è severo: “arretramento democratico, erosione dello Stato di diritto e gravi limitazioni ai diritti fondamentali”. Per la Commissione, Tbilisi è “un Paese candidato solo di nome” e deve “mostrare impegno concreto per tornare sul percorso europeo”
Nel comunicato stampa allegato al pacchetto, la commissaria all'allargamento, Marta Kos, ha sottolineato che “il 2025 è stato un anno di progressi significativi per l’allargamento. Montenegro, Albania, Ucraina e Moldavia si distinguono. Se il ritmo delle riforme sarà mantenuto, potremo concludere i negoziati nei prossimi anni. Un’Europa più ampia sarà anche più forte”. Ma la commissaria ha anche lanciato un messaggio chiaro: “Non ci saranno scorciatoie. L’Unione insisterà sulla qualità delle riforme, soprattutto in materia di Stato di diritto, istituzioni democratiche e libertà fondamentali”.
