Uno studio del centro ricerche del Parlamento europeo mostra i benefici possibili di un'Unione europea a 36 Stati.
Articolo tratto da eunews.it
L’allargamento come motore economico. Un’Unione europea a 36 Stati, vale a dire gli attuali 27 più i 9 candidati (Albania, Bosnia-Erzegovina, Georgia, Kosovo, Macedonia del Nord, Moldova, Montenegro, Serbia e Ucraina) può portare vantaggi stimati tra una crescita di Pil tra l’8% e il 24% rispetto ai valori attuali. Sono le stime contenute nell’analisi prodotta dal Centro studi e ricerche del Parlamento europeo, che prova a fare una mappatura dei benefici derivanti dall’ingresso di nuovi Paesi.
L’assunto teorico di base è che nel 2035 tutti i Paesi non Ue con lo status di candidati abbiano completato il processo di adesione, e che dunque per quella data l’Unione europea sia un blocco ancora più numeroso. Sulla base di questa prospettiva si possono aprire diversi scenari, tutti legati però alla cosiddetta "convergenza", vale a dire il tasso di crescita economica più elevato previsto tra i Paesi a basso reddito rispetto ai Paesi ad alto reddito. In altri termini, molto dipenderà dalla capacità dei nuovi arrivati a mettersi al passo delle economie principali. A seconda del ritmo di crescita e di convergenza il beneficio per il Pil dell’Ue potrà variare da un’espansione minima dell’8% a un’espansione massima del 24% rispetto ai valori attuali. In termini assoluti un allargamento perfettamente riuscito potrebbe significare, secondo le stime prodotte a Bruxelles, un aumento della ricchezza prodotta nell’Ue di 55.860 miliardi di dollari.
Tra i benefici economici potenziali dell’allargamento effettivo c’è quello legato alle materie prime. I Paesi candidati dispongono di minerali che possono essere ulteriormente sfruttati, per ottenere vantaggi economici condivisi e per aiutare a supportare le transizioni digitali e verdi. Georgia, Serbia e Ucraina detengono riserve “significative” di rame, essenziale per i cablaggi elettrici, le infrastrutture per le energie rinnovabili e le telecomunicazioni, rileva lo studio. Gli stessi 3 Paesi dispongono inoltre di litio, utilizzato per la produzione di batterie ricaricabili, e manganese, indispensabile per la produzione di acciaio. Nel frattempo, Bosnia-Erzegovina e Montenegro sono produttori chiave di bauxite, essenziale per la produzione di alluminio.
Tra i benefici potenziali c’è poi l’innovazione tecnologica da impiegare nel settore della difesa, dove l’Ucraina può giocare un ruolo di primo piano. “Un’area notevole di competenza dell’Ucraina è l’intelligenza artificiale”, sottolinea il documento. La ricerca mostra che l’Ucraina si colloca appena dietro la Polonia nelle pubblicazioni scientifiche relative all’intelligenza artificiale e Kiev ospita più start-up di IA rispetto a città come Francoforte. Dato il ruolo crescente dell’intelligenza artificiale nella difesa, “i progressi dell’Ucraina in questo campo, riflessi sia nei brevetti che nell’attività di start-up, potrebbero essere molto preziosi per gli sforzi di sicurezza europei”.