La proposta sarà sul tavolo del prossimo Ecofin a Varsavia.
I ministri delle Finanze dell’Unione europea hanno in programma di discutere la creazione di un Meccanismo europeo di difesa (EDM), un fondo intergovernativo congiunto per acquistare e possedere attrezzature militari, come proposto dalla presidenza polacca del Consiglio Ue. L’EDM si affiancherebbe alle misure già annunciate all’interno del piano ReArm Europe, come l’aumento della spesa militare fino a 800 miliardi di euro nei prossimi 4 anni e il ricorso a finanziamenti comuni per progetti strategici come lo strumento SAFE. Come sottolineato dal ministro delle Finanze polacco, Andrzej Domanski, nella sua lettera inviata ai colleghi Ue in vista delle riunioni informali dell’Eurogruppo e dell’Ecofin in programma venerdì e sabato a Varsavia, la presidenza polacca ha chiesto al think tank Bruegel di proporre soluzioni alla sfida Ue “dell’insufficiente finanziamento della difesa”.
In questo contesto l’analisi di Bruegel mira a valutare l’adeguatezza dei recenti sforzi dell’Ue e di proporre soluzioni aggiuntive alla sfida persistente dell’insufficiente finanziamento della difesa. Secondo il ministro, il documento risultante presenta 2 possibili opzioni per affrontare le attuali carenze nella politica di difesa europea. Il primo è un approccio a livello di Ue, che garantisce un’ampia partecipazione, sfruttando le strutture esistenti, che avrebbe però una serie di limiti come la mancanza di vincoli legali e la difficoltà ad abbattere il nazionalismo industriale.
Il secondo propone la creazione di una "nuova istituzione intergovernativa”, precisa nella lettera. “Poiché la spesa per la difesa rimane una prerogativa nazionale, questo modello intergovernativo potrebbe offrire una risposta più efficace. Tuttavia, dobbiamo garantire un approccio coerente, che coinvolga la Commissione e le altre istituzioni dell’Ue, soprattutto mentre i nostri Paesi rispettano i loro impegni Nato”, sottolinea il ministro polacco.
Come sottolineato nel documento, attualmente l’industria della difesa nei 27 Paesi Ue risulta fortemente frammentata; a ciò si aggiunge il gap tecnologico rispetto agli USA, ma anche l’industria ancora poco competitiva e sottocapitalizzata, con forte concentrazione a livello nazionale. Altro punto di debolezza individuato dal rapporto è quello dei vincoli fiscali e la mancanza di efficaci strumenti comuni per il finanziamento, ma anche l’assenza di “enabler strategici” europei condivisi (es. satelliti militari, sistemi di comando e controllo).
In questo contesto, l’EDM sarebbe una nuova istituzione intergovernativa, ispirata al modello del Meccanismo Europeo di Stabilità (European Stability Mechanism), dotata della capacità di pianificare, finanziare, acquistare e gestire capacità difensive su scala europea. Il suo obiettivo fondamentale sarebbe quello di superare gli ostacoli che storicamente hanno bloccato l’integrazione della difesa europea: la frammentazione industriale, la competizione tra produttori nazionali, la mancanza di coordinamento negli acquisti, l’assenza di strumenti comuni per finanziare beni militari costosi e condivisi.
A differenza degli strumenti attualmente in uso - come l’Agenzia Europea della Difesa (EDA) o il quadro di cooperazione strutturata PESCO - l’EDM sarebbe basato su un trattato intergovernativo autonomo e vincolante. Il trattato stabilirebbe un mercato unico della difesa tra i membri, introducendo un divieto di preferenze nazionali negli appalti pubblici per materiali bellici e vietando aiuti di Stato alle industrie della difesa. Questo permetterebbe di aggirare l’art. 346 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, che attualmente consente agli Stati membri di eludere le regole del mercato unico per ragioni di sicurezza nazionale.
Il mandato dell’EDM sarebbe ampio e articolato. Innanzitutto, l’istituzione si occuperebbe della pianificazione, finanziamento e potenziale proprietà degli “enabler strategici”, ossia quelle capacità militari abilitanti che i singoli Stati faticherebbero a sviluppare autonomamente. In secondo luogo, l’EDM assumerebbe un ruolo centrale nella gestione di appalti congiunti, assicurando economie di scala, competizione tra fornitori e abbattimento dei costi unitari, oggi elevatissimi a causa della bassa produzione e della scarsa standardizzazione tra i Paesi membri.
L’EDM avrebbe anche il compito di finanziare direttamente i suoi membri, attraverso prestiti differenziati: uno standard per tutti i partecipanti, e uno sovvenzionato per i Paesi “in prima linea” - come Polonia, Estonia o Lettonia - che sostengono un onere maggiore nella deterrenza verso Mosca. I prestiti sarebbero finanziati con emissione di debito sui mercati, come nel caso del MES o del programma SURE, e garantiti dal capitale versato dai Paesi membri.
Il meccanismo sarebbe aperto non solo agli Stati dell’Unione europea, ma anche a democrazie europee extra-Ue come il Regno Unito, la Norvegia, la Svizzera e l’Ucraina. Quest’ultima, in particolare, potrebbe partecipare inizialmente come beneficiaria di forniture, in vista di un’integrazione graduale una volta terminata la guerra.
La partecipazione dell’Ue come istituzione, tramite la Commissione, sarebbe possibile e auspicabile, per garantire coerenza con le politiche industriali e di bilancio comunitarie. Infine, l’EDM prevederebbe obblighi vincolanti per i membri: partecipare alle gare centralizzate, rispettare le regole del mercato unico della difesa, e contribuire secondo una “chiave di riparto” economica alle spese comuni. In caso di inadempienza, lo statuto prevederebbe sanzioni fino alla sospensione dal meccanismo, assicurando un livello di disciplina e impegno politico molto superiore a quello finora osservato nei progetti europei di cooperazione militare.