L'allarme è contenuto in un report pubblicato da Francoforte, dove le tendenze geopolitiche mostrano una crescente dipendenza dell'area euro da parte di Pechino.
L'Eurozona sta diventando sempre più Pechino-dipendente. La Banca centrale europea ragiona sul peso economico della Repubblica popolare su scala globale, e sull’influenza che esercita oltre confine. I risultati delle analisi condotte nell’apposito studio sono incontrovertibili: se gli Stati Uniti restano esposti ma stanno riducendo le dipendenze dal Paese asiatico, i Paesi Ue con la moneta unica invece stanno andando in direzione opposta. La Cina è una presenza troppo pressante nell’agenda economica dell'Ue.
Dati alla mano, rilevano i tecnici della Bce, la quota della Cina nelle importazioni dell’area dell’euro è aumentata di 3 punti percentuali dal 2016, mentre la sua quota nelle importazioni statunitensi è diminuita di 11 punti percentuali. Non solo: dal 2022, l’area dell’euro ha avuto una maggiore esposizione alla Cina rispetto agli Stati Uniti. Senza contare che l’Ue ha bisogno di ciò che non ha e che attualmente può trovare sul mercato cinese. Non solo la Cina è il principale paese di approvvigionamento per 33 beni strategici importati dall’area dell’euro, tra cui terre rare, litio, tungsteno, rame, cromo, ma “detiene anche oltre il 50% del mercato di importazione dell’area dell’euro per il 75% di questi prodotti”.
Per anni il mercato unico comunitario ha permesso a società cinesi di occupare posti strategici quali i porti, per le preoccupazioni del Parlamento europeo in materia anche di sicurezza. Salta agli occhi, sulla scia dei dati raccolti dai tecnici della Bce, come gli europei non solo non siano riusciti a invertire la tendenza, ma addirittura abbiano continuato a spingersi verso le braccia della Repubblica popolare. Un problema, quest’ultimo, anche in ottica di relazioni trans-atlantiche. Gli Stati Uniti considerano oggi la Cina come il principale concorrente geo-politico, e un avvicinamento europeo a Pechino rischia di compromettere le relazioni con Washington, soprattutto se dalle elezioni del 5 novembre dovesse uscire vincitore Donald Trump.