In Ue circa 2/3 delle raccomandazioni di Bruxelles sono state soddisfatte. Italia, Ungheria e Slovacchia osservati speciali.
Mercoledì 24 luglio la Commissione europea ha pubblicato il 5° Rapporto annuale sullo Stato di diritto, in cui esamina sistematicamente e obiettivamente gli sviluppi avvenuti in tutti gli Stati membri, in condizioni di parità. Rispetto al 2020, anno della prima edizione, gli Stati membri e l'Ue nel suo complesso sono preparati decisamente meglio per individuare, prevenire e affrontare le crisi emergenti, il che contribuisce a rendere resilienti le nostre democrazie europee e ad alimentare la fiducia reciproca all'interno dell'Unione; contribuisce inoltre al buon funzionamento del mercato unico e a un contesto imprenditoriale che promuove la competitività e la crescita sostenibile.
La pubblicazione del rapporto, che era prevista per il 3 luglio, è stata posticipata, secondo molto osservatori, per evitare di influenzare il voto al Parlamento Ue per la nuova guida dell’esecutivo che ha visto una riconferma di Ursula von der Leyen. Tra i capitoli sui singoli paesi, la relazione di quest'anno comprende inoltre per la prima volta 4 capitoli sulla situazione in Albania, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia. Includere nella relazione sullo Stato di diritto questi paesi dell'Allargamento, i più avanzati nel processo di adesione, sosterrà le loro azioni di riforma, aiuterà le loro autorità a progredire ulteriormente verso l'adesione e li preparerà a proseguire il lavoro nel settore dello Stato di diritto in quanto futuri Stati membri.
Dal 2020, anno della prima edizione, la relazione è diventata un autentico fattore di promozione di riforme positive: 2/3 (circa il 68 %) delle raccomandazioni formulate nel 2023 sono state seguite in tutto o in parte. Sistemi giudiziari, strutture anticorruzione, libertà e pluralismo dei media e altri equilibri istituzionali; sono questi i campi dove i 27 hanno fatto progressi sullo Stato di diritto, del tutto o in parte, e dove gli Stati membri sono ora "molto più preparate a individuare, prevenire e affrontare le sfide emergenti", scrive la Commissione europea nell'incipit del rapporto.
Sebbene il rapporto del 2024 abbia rilevato che gli Stati membri avevano compiuto progressi positivi sul 68% delle raccomandazioni dell’anno scorso, alcuni Paesi non hanno ottenuto gli stessi risultati. Tra i Paesi sotto la lente, Ungheria e Slovacchia, ma anche l’Italia è stata criticata per il declino della libertà di stampa. A lungo criticata per i problemi legati al regresso democratico, l’Ungheria, che detiene attualmente la presidenza di turno del Consiglio europeo, non ha compiuto alcun progresso nell’attuazione di nessuna delle 7 raccomandazioni formulate dalla Commissione lo scorso anno. Tali misure sono volte a perseguire penalmente i responsabili di episodi di corruzione ad alto livello e a rafforzare l’indipendenza dei media e della società civile.
Nel frattempo, anche la Slovacchia, guidata dal primo ministro euroscettico Robert Fico, ha ricevuto forti critiche: la commissaria Ue responsabile per coordinare le politiche sui valori e la trasparenza, Vera Jourová ha affermato che l'esecutivo Ue è ancora in attesa della versione definitiva della legge slovacca sulle ONG in fase di negoziazione. Sono state sollevate preoccupazioni anche per lo smantellamento dell’emittente pubblica RTVS, che è stata sostituita da un nuovo organo, SVTR. Fico ha affermato che si trattava di un tentativo di ridurre la faziosità politica della precedente emittente, accusandola di essere “in conflitto con il governo slovacco”. La Commissione è inoltre scontenta delle modifiche proposte al Codice penale o dello scioglimento dell’Ufficio del Procuratore speciale, che potrebbero ostacolare gli sforzi di indagine e di azione penale per i reati legati all’uso improprio di denaro pubblico.
L’Italia nel complesso ha ricevuto 6 raccomandazioni. Bruxelles ha ricordato a Roma di impegnarsi nella digitalizzazione per tribunali penali e procure; sull'adozione della proposta legislativa in sospeso sui conflitti di interessi e l'istituzione di un registro operativo per le lobby; sulla regolamentazione delle informazioni sui finanziamenti a partiti e campagne elettorali; sulla tutela dei giornalisti e sulle maggiori garanzie all'indipedenza dei media; sulla creazione di un'istituzione nazionale per i diritti umani in linea con i principi delle Nazioni unite.
Anche la riforma del premierato finisce sotto la lente della Commissione Ue. "Con questa riforma, non sarebbe più possibile per il Presidente della Repubblica trovare una maggioranza alternativa e/o nominare una persona esterna al Parlamento come primo ministro". "Alcuni stakeholder hanno espresso preoccupazione per modifiche proposte all'attuale sistema di pesi e contrappesi istituzionali, nonché dubbi sul fatto che ciò possa portare maggiore stabilità", si legge nel quarto paragrafo del report dedicato all'Italia.