Medio Oriente, difesa e Ucraina sul tavolo dei lavori dei 27 leader.
Prende oggi il via a Bruxelles il Consiglio europeo, un summit dove sarà la politica estera a dominare la scena. Gli argomenti in agenda non sono pochi: Ucraina, Medio Oriente, allargamento, difesa, immigrazione. Il Consiglio prenderà il via alle 15:00, con il saluto della presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola e, successivamente, con un intervento in collegamento del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Proprio la questione dell'Ucraina dovrebbe essere il primo punto all'ordine del giorno della discussione. Successivamente, sarà affrontata la situazione del Medio Oriente.
Sulla questione mediorientale si snodano 2 diverse visioni della questione, una pratica e l’altra politica. La priorità pragmatica è far arrivare gli aiuti umanitari. Tutti i 27 vorrebbero farli entrare a Gaza, ma questo implica una cessazione degli scontri, che passa per liberazione di ostaggi. Le posizioni di Israele però non si conciliano con gli auspici europei. “Dobbiamo essere realisti: il governo israeliano non sta ascoltando gli europei e neppure gli americani“, ammette un alto funzionario europeo. Di fronte a questo contesto, “il dibattito non è tanto sul cessate il fuoco è più sul tono del testo, su chi è responsabile per cosa“, precisa lo stesso funzionario. Il nodo politico è dunque se attaccare direttamente o meno lo Stato ebraico per il rischio carestia e una risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre scorso considerata come oltre il limite del consentito.
Grande spazio sarà dedicato al rafforzamento della difesa Ue: in particolare i 27 capi di Stato e di governo discuteranno della strategia industriale europea della difesa e del programma europeo di investimenti nel settore. Il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, propone di sostenere l’industria della difesa con strumento di debito comune, ma qui il fronte degli Stati si divide. Il presidente parla di “acquistare di più insieme”, che alcuni Stati traducono come consorzio tra alcuni Paesi più che con eurobond. I cosiddetti "frugali" (Germania, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia) frenano e invece di ricorrere a “soluzioni innovative” come richiesto da Michel, si preferisce la via delle “opzioni”, concetto vago e più limitata nella sua portata. C’è la consapevolezza che 1,5 miliardi di euro da bilancio per rilanciare la produzione industriale della difesa, come proposto dalla Commissione Ue, non è sufficiente ma viene considerata la base di partenza per un negoziato tutto da fare e che con ogni probabilità non si chiuderà con questo vertice.
C’è poi la questione dell’allargamento. I leader sono chiamati a esprimersi sul parere positivo della Commissione europea per l’avvio dei negoziati con il governo di Sarajevo, e ci sono già 7 Paesi (Italia, Austria, Croazia, Grecia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia) pronti a dare il proprio benestare. I baltici (Estonia, Lettonia, Lituania) vorrebbero invece che l’adesione della Bosnia procedesse insieme a Ucraina e Moldova, che si trovano invece in una fase più avanzata del processo.