Illustrato un piano per la diffusione delle prime centrali modulari entro il 2030.
L'Unione europea punta forte sui piccoli reattori modulari (SMR) per perseguire i propri obiettivi climatici per il 2040; martedì 6 febbraio la Commissione europea ha lanciato l'alleanza industriale dedicata agli SMR. L'iniziativa, evidenzia l'esecutivo Ue in una comunicazione, è "volta a migliorare la competitività industriale e garantire una forte catena di approvvigionamento dell'Ue, compresa una forza lavoro qualificata". L'iniziativa è strettamente collegata alla raccomandazione per un taglio delle emissioni di CO2 del 90% entro il 2040 rispetto ai livelli del 1990.
Come si legge nel comunicato, tutte le soluzioni a zero e a basse emissioni sono necessarie per raggiungere questo obiettivo, dalle rinnovabili alle soluzioni di efficienza energetica, fino all'utilizzo e allo stoccaggio del carbonio. Anche il nucleare trova così posto nell'elenco di tecnologie necessarie per decarbonizzare il sistema energetico entro il 2040: l'alleanza industriale per i piccoli reattori modulari servirà a rafforzare le capacità di innovazione e manifattura dell'Ue per accelerare la realizzazione dei primi progetti SMR nell'Unione entro il 2030 rispettando i più alti standard di sicurezza nucleare, sostenibilità ambientale e competitività industriale. A tal fine, l’esecutivo europeo “riconosce il potenziale contributo dei piccoli reattori modulari al raggiungimento degli obiettivi energetici e climatici del Green Deal europeo”, si legge ancora.
I mini reattori modulari sono reattori più piccoli con una potenza massima di 300 Megawatt elettrici (MWe) e possono produrre 7.200.000 KWh al giorno. In confronto, le centrali nucleari di grandi dimensioni hanno una potenza superiore a 1000 MWe e possono produrre 24.000.000 KWh al giorno. Gli SMRs non godono delle economie di scala dei grandi impianti, ma offrono diversi vantaggi: sistemi e componenti possono essere assemblati in fabbrica e trasportati su un determinato sito per essere installati; sono adatti a sostituire centrali a carbone o a essere integrati in hub energetici; possono fornire elettricità e anche calore per diversi usi; necessitano di minori investimenti, essendo più economicamente convenienti rispetto alle centrali nucleari tradizionali; inoltre sono dotati di un sistema di sicurezza passivo e una struttura più semplice, che permetterebbero agli operatori di reagire meglio in caso di incidenti.
Secondo i dati di Eurostat, nel 2022 erano 13 i Paesi europei con reattori operativi: Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Germania, Spagna, Francia, Ungheria, Olanda, Romania, Slovenia, Slovacchia, Finlandia e Svezia. Le centrali nucleari hanno generato il 21,8% del totale dell'elettricità prodotta nell'Ue nel 2022: un valore in flessione del 16.7% rispetto al 2021.