Rischi al ribasso per Brexit e tensioni geo-politiche. Previsioni per il 2020 non rosee.
Gli indici restano tutti col segno positivo, ma la crescita vera e propria rallenta ancora. Le previsioni economiche d’autunno della Commissione europea ripropongono una volta di più lo scenario offerto da tutti gli altri esercizi precedenti di Bruxelles: in Europa c’è una ripresa moderata attenuata e messa anche in discussione della tensioni internazionali. Il risultato è che si cresce, ma poco e meno di quanto si potrebbe.
Il Prodotto interno lordo (PIL) dell’Eurozona si contrarrà di 0,1 punti percentuali quest’anno (all’1,1%) e di 0,2 punti percentuali il prossimo (all’1,2%) rispetto alle stime contenute nelle precedenti previsioni di luglio. Mentre il Pil dell’Unione a 27 (non si considera il Regno Unito, prossimo all’uscita dall’Ue), tiene quest’anno (stabile all’1,4%) per conoscere una flessione il prossimo anno (1,4%, -0,2%).
Però, avverte Bruxelles, “una serie di rischi potrebbe portare a una crescita inferiore alle previsioni”. Ci sono margini di peggioramento rispetto a stime già di per sé prudenziali, dunque. Nello specifico “un ulteriore aumento dell’incertezza o un aumento delle tensioni geopolitiche” potrebbe frenare la crescita, così come un rallentamento più acuto del previsto in Cina a causa degli effetti più deboli delle misure politiche finora attuate. Ci sono poi ancora le tante incognite legate alla Brexit. La Commissione europea continua a non escludere nessuno scenario, incluso quello peggiore.
L’economia dell’Eurozona però va verso una nuova recessione. Alla fine del 2019 10 Paesi su 19 (Belgio, Germania, Grecia, Spagna, Cipro, Lettonia, Malta, Slovenia, Slovacchia e Finlandia) vedranno un aumento del PIL minore rispetto alle precedenti stime di autunno, mentre altri 2 economie (Francia e Italia) resteranno a crescita invariata. Per il 2020 la situazione è ancora peggiore; il prossimo anno si prevede che 15 dei 19 Paesi Ue con la moneta unica (Belgio, Germania, Estonia, Spagna, Francia, Italia, Cipro, Lettonia, Malta, Paesi Bassi, Austria, Portogallo, Slovenia, Slovacchia e Finlandia) vedranno le proprie prestazioni di crescita ridursi, mentre in altri 3 Paesi (Lettonia, Lituania e Lussemburgo) la situazione resterà stabile.
La Banca centrale europea fà eco a tutto quello detto dalla Commissione. I dati più recenti, fra cui la crescita economica rallentata allo 0,2% nel 2° trimestre dallo 0,4% precedente, "continuano a indicare un'espansione moderata seppur positiva nell'area dell'euro nella seconda metà di quest'anno". Lo scrive la Bce nel bollettino economico, notando tuttavia "una protratta debolezza nelle dinamiche di crescita" e "la persistenza di pronunciati rischi al ribasso". Il Consiglio direttivo della Bce ribadisce "la necessità di mantenere un orientamento di politica monetaria ampiamente accomodante per un prolungato periodo di tempo" e "resta pronto ad adeguare tutti gli strumenti a disposizione, ove opportuno, per assicurare che l'inflazione continui ad avvicinarsi stabilmente all'obiettivo".